CRISI DI COPPIA




Dall’amore alla crisi della coppia

Quando parliamo di famiglia, nella morfologia complessa, che essa oggi presenta con le sue cellule variegate e composite, pensiamo comunque a una coppia che dura, pensiamo a due esseri che si sostengono a vicenda, per formare un “noi in mezzo al mondo e, insieme al mondo, per piangere, ridere, vivere” (Neruda). È il mito dell’amore eterno. Chaplin in Luci della ribalta lo racconta attraverso una strana coppia: un comico ormai fallito e una ballerina, colpita da paralisi alle gambe che sta per suicidarsi. Ognuno di loro ha perso qualcosa di essenziale, sono due naufraghi che trovano nell’altro la forza vitale per riguadagnare la felicità. Entrambi donano all’altro qualcosa e lo ricevono in contraccambio senza pretenderne la riscossione immediata .Lei (Terry) regala a Calvero il successo autentico e lui la farà tornare a ballare.

Nell’amore sembra che la parola chiave sia la reciprocità, Essa forma quella comunità di destino di cui parla Eugenio Borgna, cioè quella visione del mondo in cui ciascuno esce dai confini del proprio egoismo, e vive il dolore, la sofferenza dell’altro come qualcosa che lo interessi, che gli appartenga, che intersechi la sua ragione di vita, che sinceramente ferisce anche lui.

Si costituisce una comunità solo visibile agli occhi del cuore e ciascuno sente e vive il destino di dolore, di angoscia, di sofferenza, di disperazione, di gioia e di speranza dell’altro, come se fosse almeno in parte anche il proprio. (Se la fragilità ci fa sentire vivi, Repubblica 27/9/2011).

In un passo sull’amore, tratto dalle lezioni sulla filosofia della religione pubblicate dai suoi allievi, Hegel scrive: «L’amore è la coscienza, il sentimento dell’identità di due esseri. Il risultato di questa identità, l’amore è ‘Essere fuori di sé e nell’altro. Io ho la mia autocoscienza non in me bensì nell’altro, ma quest’altro, nel quale soltanto io sono appagato, sono in pace con me stesso, questo altro ha la sua autocoscienza in me, ed entrambi (io e l’altro) sono soltanto la coscienza del loro essere fuori di sé.’ Un vuoto chiacchiericcio è il parlar d’amore senza sapere che esso è il distinguere e il togliere la distinzione’.»

La coppia amorosa si fonda dunque sulla reciprocità, sull’opposto della mors tua vita mea. e sulla promessa di durare per sempre.

In ogni promessa s’insinua però l’ombra del tradimento, in cui ciascuno si riappropria della propria libertà di dire sì o no, di tener fede all’impegno, di restare unito o di separarsi dall’altro.

A questo punto l’interrogativo è:tradire l’altro o tradire se stessi? Quando si profila questa domanda insorgono le prime increspature, i primi litigi, in cui ognuno si sente deluso nelle proprie aspettative di vita insieme, quel senso di pienezza della passionalità amorosa si svuota. L’altro non è più la risposta ai propri desideri. Tanto più forte è il coinvolgimento, tanto più forte è la reazione. Se prima tutto andava bene, ora non va bene niente. Gradualmente, inconsapevolmente si lascia il terreno del rispecchiamento per entrare nella fase della crisi e del conflitto. Le parole dolci, le parole balsamo diventano taglienti come pugnali, il dialogo è soppiantato dal silenzio, l’apprezzamento dalla critica, l’ascolto dal rifiuto, lo sguardo comune diviene divergente. Si entra nel modello maggiore minore in cui ciascuno vuole sopraffare l’altro con i suoi argomenti per ottenere ragione, la comunicazione si fa violenta: offende, denigra, esige, dà ordini, detta legge, minaccia. L’altro è umiliato e sfiduciato perfino nella sua capacità di stare al mondo. O, semplicemente si vive come estranei e ci si scambia scarne comunicazioni di servizio. E in questa fase che occorre interrogarsi a livello profondo per capire quanto sia importante salvare un rapporto senza rimanere prigionieri dell’orgoglio, della rabbia, del rancore. Solo con l’aiuto di uno sguardo esterno questo scavo e bilancio può essere fatto e si può impedire di prendere decisioni affrettate e a volte irrevocabili.

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