QUANDO I GENITORI LITIGANO




Quando i genitori litigano: come uscire dal conflitto coniugale per il bene dei propri figli.


Aristotele definiva la famiglia il “luogo della tragedia”, infatti essa - come una moneta - ha due facce: può costituire un solido sostegno per la crescita dei suoi membri e può diventare l’ambiente delle lacerazioni profonde, dove si ricevono ferite che non si rimarginano anche a distanza di anni. In passato essa era difesa da alcuni presidi che le garantivano continuità e stabilità, presidi come la moralità, gli interessi patrimoniali ed economici, l’autorità degli anziani sulle ultime generazioni, i valori religiosi. Nella società di oggi tali presidi sono stati soppiantati dalla precarietà dei sentimenti e dalla revocabilità delle scelte. Ma, come sostiene Silvia Vegetti Finzi, esiste un contrasto tra i tempi della società e i tempi della psiche, molto più refrattari a mutare la scacchiera e le regole del gioco.


L'uomo sotto la scorza del cambiamento conserva certi schemi come la triade padre, madre e figlio, considerata da Freud l'architrave dell'inconscio. Molte volte i conflitti sono il punto di collisione di due modi diversi di rappresentarsi i ruoli nelle famiglie, non più tramandati dalle generazioni passate, ma estremamente mutevoli, e costantemente variabili. La mancanza di ruoli definiti e la probabilità del fallimento dell'unione familiare rende gli stessi individui friabili, privi di riferimenti certi e di investimenti su un futuro percepito opaco e caliginoso.


Questa friabilità investe le coppie spesso attanagliate dalla paura di costruire legami durevoli, e altrettanto disposte a sciogliere con facilità i legami esistenti per iniziarne di nuovi. Il tradimento è stato sdoganato da una società sempre più liberale, aperta a nuove forme di unioni, più liquide e instabili. Oggi non c'è più la famiglia, ma tante famiglie, ognuna con la propria storia unica. È pertanto necessario che le separazioni familiari siano supportate e sostenute da persone preparate che possano aiutare le coppie a riorganizzare la famiglia uscita dall'evento separazione e divorzio e a preservare, per quanto possibile, il benessere e la serenità, soprattutto, dei figli.


La bellicosità dei genitori è infatti il pericolo maggiore per la salute dei minori, spesso sottovalutata e banalizzata come ininfluente sulla loro crescita. Molti genitori si giustificano sostenendo di essere capaci di celare dissapori e contrasti, di litigare cioè “a porte chiuse”. Ma anche l'ambivalenza, l'ipocrisia, la tensione emotiva dissimulata, la non comunicazione incidono sullo sviluppo psichico dei minori che non possono in tali condizioni elaborare il dolore della fine dell’unità familiare, dell’allontanamento di un genitore, della perdita del “prima”. Ancora peggio la violenza verbale e fisica e l'esposizione a un ambiente tossico minano l’equilibrio dei figli che possono rispondere o con sintomi fisici o con arresti nella crescita: insuccesso scolastico, chiusura, irascibilità, sensi di colpa, conflitti di lealtà verso uno o entrambi i genitori, difficoltà di rapporto con i coetanei. Le neuroscienze hanno dato evidenza delle trasformazioni negative sull’asse ipotalamo - ipofisi - surrene, responsabile della risposta agli stress a seguito di una ipermetilazione del DNA.


Di frequente, inoltre, gli stessi figli sono chiamati a diventare la punta di un triangolo, da padri e madri che sentono il bisogno di essere rassicurati sulla “tenuta” del loro rapporto con la prole e che si sentono  a loro volta in colpa per il fallimento e la fine della famiglia. L'infanzia e l'adolescenza sono due periodi finestra, di estrema vulnerabilità. Tra i fattori nocivi in età evolutiva gli stress emozionali dovuti a litigi fuori controllo, hanno un ruolo dominante che non va sottovalutato e possono indurre angoscia, solitudine, confusione. È giusto in questi casi valutare forme subdole e misconosciute di maltrattamento che sfuggono a un esame superficiale. Sono i casi di violenza assistita in cui i figli diventano spettatori inermi di vere e proprie guerre tra le persone che dovrebbero loro garantire un ambiente fertile e protettivo.


La separazione dei genitori è, in conclusione, un evento doloroso, ma lo è molto di più quando i figli sono costretti ad assistere da testimoni passivi ai litigi violenti, soprattutto se persistenti nel tempo. Negare le possibili conseguenze della bellicosità ad oltranza, agita con la volontà di danneggiare il partner, può avere effetti irreversibili sul comportamento futuro dei minori. Diversamente, una separazione effettuata dai coniugi nel riconoscimento reciproco e nella collaborazione può essere un’occasione preziosa per trasmettere ai figli valori come il rispetto, la collaborazione, e la capacità di mettere da parte i sentimenti ostili, le emozioni negative per il bene delle persone che si amano.


L’esempio di adulti responsabili aiuta i minori a crescere e a diventare a loro volta adulti responsabili.
Il percorso separativo può trovare nella mediazione familiare un efficace strumento per accompagnare i confliggenti nel gestire in modo responsabile la riorganizzazione della famiglia e le nuove esperienze che li attendono, senza portare il fardello di conflitti irrisolti, di animosità, di risentimenti e rancori che rattrappiscono l’anima, ancorando al passato e sbarrando la strada al futuro.


Il mediatore con il suo essere terzo ed esterno al conflitto è la persona più indicata per far cessare le guerre familiari “calde” o “fredde” e per fare in modo che i medianti si decidano a uscire dal recinto esclusivo dei propri rispettivi interessi, e trovino volontariamente accordi favorevoli  allo sviluppo fisico, affettivo, cognitivo e sociale dei figli.

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